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L’impronta della qualità: da Aristotele a Peter Drucker
L’idea di qualità fu esplorata per la prima volta in ambito filosofico: dopo Aristotele, che nelle Categorie la descrisse come un attributo o una proprietà caratteristica di un oggetto, fu John Locke a svilupparne il concetto.[1] Egli distinse tra due tipi di qualità: primaria, intrinseca all’oggetto, e secondaria, dipendente dalla percezione che ne abbiamo attraverso i sensi.
Un’evoluzione del significato di questo termine si ebbe durante la seconda rivoluzione industriale. Infatti, Frederick Taylor ed Henry Ford riconobbero i limiti dei sistemi di produzione dell’epoca e li rivoluzionarono introducendo ispezioni periodiche, standardizzazione delle procedure e controllo di qualità [2,3].
Più tardi, nel XX secolo, grazie a figure quali William Deming, l’applicazione industriale di tale concetto raggiunse livelli inediti. Deming identificò come nemico della qualità, la variabilità e, tutt’oggi, la qualità intesa come standardizzazione e assenza di difetti è un parametro fondamentale in ogni processo di produzione. Questa è regolata dalle norme ISO (International Organization for Stardardization) 9000. [4]
Questa discussione non tiene però conto di un altro significato intrinseco del termine qualità, che si riferisce a quelle caratteristiche di un prodotto che hanno un valore agli occhi del consumatore. Peter Drucker identifica nella qualità di un prodotto “ciò per cui il consumatore è disposto a pagare”.
La Qualità nel contesto contemporaneo
Ecco dunque che oggi il concetto di qualità può essere declinato in almeno due forme:
- “Qualità oggettiva”, ossia il grado di conformità rispetto ad un processo e a dei criteri prestabiliti.
- “Qualità soggettiva”, relativa al valore percepito, a livello di coscienza pre-intellettiva, dalla persona che interagisce con un prodotto.
Quest’ultima è particolarmente interessante in ambito alimentare. La qualità di un cibo include, oltre al valore nutrizionale, aspetti legati all’area edonistica e alla percezione sensoriale: consistenza, flavor e aspetto.
Ultimo, ma non meno importante, è il concetto estremamente attuale di tracciabilità, intesa come possibilità di monitorare ogni stadio dei processi di produzione, trasformazione e distribuzione di un prodotto finito.
La Normativa a protezione della Qualità
Ecco dunque che l’Unione Europea (UE) ha sviluppato una normativa finalizzata alla protezione di quei prodotti con caratteristiche uniche. Queste sono dipendenti tanto dalla loro origine geografica quanto dalla conoscenza legata alla tradizione.
Il risultato di questa politica è stato lo sviluppo di certificazioni identificanti come IGP (indicazione geografica protetta) o DOP (denominazione di origine protetta). Questi sono prodotti con una specificità irripetibile, connessa alle caratteristiche composizionali della materia prima, al clima, all’origine ed ai processi di produzione.
Composizione dell’Olio extra vergine d’oliva e le matrici alimentari
I consumatori apprezzano l’olio extra vergine d’oliva (EVO) per la sua elevata qualità, in termini sia di benefici per la salute che, soprattutto, per il suo flavor caratteristico. La produzione mondiale d’olio d’oliva è legata principalmente a Spagna (circa il 45% del totale), Italia (10%) e Grecia (9%) sebbene, negli ultimi anni, la produzione nei paesi del Maghreb sia in grande crescita. [5]
Nonostante la differenza quantitativa di produzione tra Italia e Spagna, l’Italia è il primo paese al mondo per numero di EVO registrati come DOP (46, contro i 31 spagnoli).
C’è da dire che la qualità oggettiva della composizione dell’olio è regolata da alcuni organismi internazionali, tra cui l’Unione Europea, l’IOC (International Olive Council) e il Codex Alimentarius. In particolare, l’olio d’oliva è attualmente l’unico prodotto alimentare al mondo per il quale si ha una classificazione merceologica ufficialmente regolata da attributi sensoriali. Inoltre, esistono alcuni parametri chimici tra cui l’acidità libera, il numero di perossidi e l’assorbanza nell’ultravioletto.
La descrizione sensoriale dell’olio analizzato viene eseguita attraverso un Panel test, ossia mediante la valutazione effettuata da 8-12 assaggiatori professionisti (più un supervisore). Esiste un protocollo standardizzato e codificato, risultante nell’attribuzione al campione assaggiato di una serie di specifici attributi (es. fruttato, verde, carciofo) e difetti (es. rancido) sensoriali. [6] Infatti, a seconda della presenza/assenza di alcune note e della loro intensità, l’olio d’oliva viene dunque classificato in extra vergine, vergine o lampante. [7]
Matrici alimentari: l’analisi dell’olio
Oggi però, la classificazione sensoriale dell’olio ricade interamente sul Panel Test, data l’assenza di metodi analitici certificati che possano supportarne la classificazione oggettiva. E’ quindi necessario trovare una tecnica di analisi chimica capace di caratterizzare l’impronta digitale (fingerprint) della frazione volatile di un olio d’oliva, o più in generale di un alimento, attraverso la descrizione oggettiva della composizione della sua frazione volatile. In questo contesto la gas cromatografia bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa con analizzatore a tempo di volo (GC×GC-TOFMS), è una possibilità analitica dalle grandi potenzialità.
Sostanze volatili: Catturarne l’impronta digitale attraverso metodi di analisi multidimensionale
I composti volatili sono composti organici non ionizzati e a basso peso molecolare (< 350 g/mol) che possono evaporare a temperatura ambiente in condizioni atmosferiche standard. In ambito alimentare, un ruolo particolarmente importante è ricoperto da quei composti volatili che, interagendo con i recettori olfattivi, portano alla percezione di un odore e al riconoscimento di un cibo.
In particolare, nella definizione dell’aroma di un alimento concorrono due diverse vie di accesso alla mucosa olfattiva.
La prima è la via ortonasale se la percezione avviene attraverso il naso, e la seconda è la via retronasale attraverso il cavo orofaringeo come conseguenza della deglutizione.
Infatti, non tutte le sostanze volatili nell’interazione con i recettori olfattivi contribuiscono in egual misura alla complessità dell’aroma di un alimento; l’importanza ed il ruolo di uno specifico composto volatile dipendono essenzialmente da due parametri.
1) la concentrazione nell’alimento.
2) la soglia olfattiva, cioè la minima concentrazione in grado di sollecitarne la percezione.
Le analisi multidimensionali
Qual è il ruolo delle tecniche di analisi multidimensionale, tra cui la gas cromatografia bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa (GCxGC-TOFMS)?
La frazione volatile, cioè l’insieme dei composti volatili, di un alimento è una miscela complessa di alcune centinaia di composti appartenenti a diverse classi chimiche che interagiscono o meno, e con differente intensità, con i recettori olfattivi.
Dal punto di vista analitico, questa frazione sviluppata in un volume ben definito può essere “catturata”, o meglio “campionata”, in modi differenti, incluse le tecniche di micro estrazione in fase solida (SPME, vedi Figura 2). Queste tecniche sfruttano le capacità di ripartizione e/o adsorbenti di polimeri e/o di sostanze particolarmente attive (carbone e silice), [8] in grado di accumulare e concentrare gli analiti prima dello step di analisi vera e propria.
La caratterizzazione chimica della frazione volatile così “campionata” avviene mediante la gas cromatografia bidimensionale che, attraverso la combinazione di due colonne cromatografiche con caratteristiche complementari, permette la separazione dei singoli composti prima di una caratterizzazione diagnostica mediante la spettrometria di massa.
Il risultato della sessione analitica è una mappa (cromatogramma) bidimensionale, come quella mostrata in Figura 3. Ogni macchia colorata indica un singolo componente separato dal sistema gas cromatografico (bi-dimensionale), mentre la colorazione differenziale – dal rosso al bianco in questo caso - ne indica l’abbondanza.
La potenzialità di questa tecnica risiede nella possibilità di risalire all’identità di ciascun componente della frazione volatile, separato grazie alla sua posizione sul piano cromatografico ed identificato grazie allo spettro di massa registrato, che viene confrontato con librerie di spettri di riferimento.
A queste informazioni si aggiunge la peculiarità della tecnica che permette di utilizzare il “fingerprint” bidimensionale (altresì detto pattern 2D) come un parametro unico di caratterizzazione del campione in esame, e di poterlo usare come termine di comparazione tra campioni di qualità differente.
Alcuni pattern 2D contengono composti chimici con un elevato profilo informativo e la loro localizzazione e distribuzione risultano essere particolarmente diagnostiche per la qualificazione dell’olio analizzato [9]:
- Gli alcheni evidenziati all’interno dell’area verde sono indicativi della produzione di un olio a partire da olive raccolte negli stadi iniziali della loro maturazione, mentre nel caso di olive molto mature sarebbero poco presenti o assenti;
- L’impronta LOX (lipoxygenase), evidenziata nell’area blu, comprende una serie di composti a 5 e 6 atomi di carbonio, la cui abbondanza è fondamentale nel definire note sensoriali fruttate e verdi. Tali composti derivano dalla degradazione degli idroperossidi degli acidi grassi formati attraverso la via enzimatica ossidativa catalizzata dalle lipossigenasi;
- Le aldeidi (sature e insature) portano informazioni riguardo all’invecchiamento ed alla conservazione dell’olio. Esse si formano per degradazione dei composti primari di ossidazione (idroperossidi) e sono responsabili della percezione di difetti sensoriali quali il rancido.
Le matrici alimentari attraverso la ricerca di nuovi marker sono un lavoro costante: l’analisi comparativa di oli di differente origine geografica e/o derivanti da diverse cultivar, ad esempio, può rappresentare un passo avanti nel tema della tracciabilità e della regolamentazione di un prodotto che è oggi tra i più contraffatti.
La qualità in ambito alimentare
Il concetto di qualità in ambito alimentare (come mostrato per l’analisi dell’olio di oliva) è complesso e connotato da differenti significati. Piattaforme multidimensionali, quali la gas cromatografia bidimensionale accoppiata alla spettrometria di massa (GC×GC-TOFMS), permettono, attraverso l’analisi di pattern 2D informativi di composti, di estrarre e decriptare informazioni relative all’origine, alla raccolta, alla qualità sensoriale e ai processi di trasformazione tecnologica di un alimento.
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[1] Locke J. An Essay Concerning Human Understanding. 1689.
[2] Wood, J.C.; Wood MC. Henry Ford: Critical Evaluations in Business and Management. 2003.
[3] Papp J. Quality Management in the Imaging Sciences. Elsevier Health Sciences, editor. 2014. 372 p.
[4] Howard S Gitlow. Quality Management Systems: A Practical Guide. CRC Press, editor. 2000.
[5] International Olive Council. Newsletter N°144 December 2019.
[6] IOC. Method for the Organoleptic Assessment of Extra Virgin Olive Oil Applying To Use a Designation of Origin. 2005;(22):1–29.
[7] IOOC. International Trade Standard Applying To Olive Oils and Olive-Pomace Oils. 2015;(3):1–17.
[8] Pawliszyn J. Theory of Solid-Phase Microextraction. 2000;38(July):270–8.
[9] Stilo F, Liberto E, Bicchi C, Reichenbach SE, Cordero C. GC×GC–TOF-MS and Comprehensive Fingerprinting of Volatiles in Food: Capturing the Signature of Quality. LCGC Eur [Internet]. 2019;32:234–42. Available from: http://www.chromatographyonline.com/gc-gc-tof-ms-and-comprehensive-fingerprinting-volatiles-food-capturing-signature-quality?pageID=1
Federico Stilo
Laureato in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, attualmente dottorando in ambito Food Chemistry presso l’Università degli Studi di Torino, sotto la supervisione della Professoressa Chiara Cordero. La sua attività di ricerca è focalizzata sull’analisi dei composti volatili del cibo, con particolare interesse per quelli responsabili delle percezioni aromatiche positive e dei difetti sensoriali.