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In poco più di trent’anni, sarà necessario sfamare una popolazione di 9.8 miliardi di abitanti ma saranno necessarie profonde evoluzioni sociali ed economiche per poter evitare di estinguere le già limitate risorse del pianeta. Tra i cambiamenti più importanti, ci sarà sicuramente l’incremento della sostenibilità della dieta per evitare di superare la capacità produttiva del pianeta.
Quando la pressione produttiva zootecnica ed agricola aumentano, così come anche la domanda dei consumatori, si va incontro ad una perdita esponenziale delle risorse che, negli ultimi anni, viene evidenziata da un graduale anticipo dell’Earth Overshoot Day, ovvero del giorno in cui l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta per l’intero anno.
Tale data, a seguito del blocco globale dovuto al Covid19, ha subito tra il 2019 e il 2020 un ritardo di 24 giorni, un intervallo tuttavia ancora non sufficiente a proteggere la Terra dal graduale cambiamento climatico, perdita di biodiversità e desertificazione dei suoli. Nonostante la perdita esponenziale di risorse, dovuta ad una richiesta alimentare che il pianeta non può sostenere, ogni anno nel mondo vengono gettati fino a 1.3 miliardi di tonnellate di cibo [1].
Solo in Europa si parla di 89 milioni di tonnellate di sprechi alimentari provenienti da qualsiasi fase della filiera, dalla produzione, al raccolto, al consumo domestico e alla ristorazione. Tra le priorità dell’azione collettiva richiesta dal Parlamento Europeo, vi è proprio quella di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2025, mentre garantire sufficiente cibo per tutti, una maggiore produttività con minor impatto ambientale e stili di vita sostenibili, sono tra i 17 obiettivi sanciti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite relativamente all’Agenda 2030.
Gli esperti di bioeconomia sostengono che la sfida per la sostenibilità alimentare sarà quella di una just transition.
Come contenuto nello European Green Deal, tutti devono poter giovare del benessere generato dalla transizione verso una nuova economia e un nuovo tipo di industria, senza che nessuno sia lasciato indietro. Non c’è progresso sostenibile se solo una parte delle produzioni di beni e servizi si orienta verso sistemi di economia circolare.
Questo è quanto già nel 1976 venne detto dal prof. Walter Stahel, padre dell’economia circolare che nel suo rapporto tecnico destinato alla Commissione europea dal titolo “The Potential for Substituting Manpower for Energy”, affermò che riutilizzare i prodotti invece che produrne di nuovi, permette la sostituzione del consumo di energia con nuova manodopera, determinando un risparmio energetico e la creazione di nuovi posti di lavoro.
L’economia circolare è un modello economico basato su una traiettoria non più lineare, bensì circolare, che permetta la produzione di beni senza la perdita di risorse. Orientare le piccole e medie imprese agroalimentari verso l’economia circolare è un obiettivo che richiede personale dotato di competenze e conoscenze eterogenee, a cavallo tra economia, tecnologia e scienza, oltre alla consapevolezza della possibilità di innovarsi, che spesso viene ignorata.
A questo scopo è importante sfruttare le opportunità che ha da offrire la food innovation. Quello della food innovation è un settore strategico che mette insieme molte discipline: l’elettronica, l’informatica, le biotecnologie, il packaging, le nanotecnologie, il marketing, e riguarda l’adozione di sistemi innovativi lungo tutta la filiera produttiva from farm to fork.
L’importanza delle food innovation è strettamente collegato al fatto che le sfide che l’uomo deve affrontare sono complesse ed urgenti e richiedono soluzioni innovative e scalabili frutto della combinazione di competenze trasversali. Dal 2015 sono stati investiti ben 6 miliardi di euro in questo settore, che secondo alcune previsioni creerà un milione di posti di lavoro.
Diamo uno sguardo alle applicazioni delle innovazioni alimentari dai settori scientifici fino a quelli digitali.
Le biotecnologie per lo sviluppo di soluzioni di economia circolare
Tra le sfide per un’alimentazione sostenibile vi è sicuramente riuscire a riconvertire scarti agroalimentari, in nuovi prodotti ad elevato valore aggiunto. Le aziende italiane investono in queste applicazioni circa 2,3 miliardi di euro all’anno nelle aree di R&D. Altrettanto interessante è il crescente numero di startup in ambito biotecnologico che solo tra il 2017 e il 2019 sono state più di 50 [2].
Si colloca nel settore di applicazione agroalimentare “Packtin”, spin-off dell’università di Modena e Reggio Emilia, che produce packaging alimentari biodegradabili, utilizzando sottoprodotti della filiera agroalimentare. Le pellicole da imballaggio prodotte, inoltre, sono arricchite in composti antimicrobici e antiossidanti che migliorano la conservazione degli alimenti e riducono gli sprechi, generando così un sistema circolare.
La vision di startup come quella di Packtin si basa sulla consapevolezza che ogni materiale complesso cela un valore intrinseco dovuto alle sue microcomponenti, la sfida sta nel mettere appunto tecnologie in grado di riconoscerle, recuperarle e rivalorizzarle. Gli scarti che in questo caso vengono presi in considerazione sono sottoprodotti di origine vegetale non considerati rifiuti come bucce e altri residui di lavorazione della frutta e verdure.
Attraverso l’applicazione biotecnologica, i sottoprodotti agroalimentari si trasformano da problema ad opportunità, fornendo una soluzione alla perdita economica che scaturisce dai volumi di scarto e che si stima ammontare a circa 143 miliardi di euro [3]. L’aspetto esclusivo riguarda la capacità delle biotecnologie di muoversi dalla ricerca di base fino alla ricerca applicata, portando nuove soluzioni dal bancone del laboratorio, fino ai fermentatori industriali.
Smart agricolture: quali sono le tecnologie digitali più all’avanguardia?
Nella food innovation, sarà indispensabile il contributo dell’Internet of Things (IoT) che, integrato con altre discipline, consente di realizzare soluzioni per un’agricoltura più intelligente e sostenibile. L’utilizzo di sensori, device e droni in campo, permette di intervenire sulle colture in maniera mirata, sfruttando i dati raccolti dai dispositivi ed evitando così sprechi e una maggiore produttività.
Questo tipo di approccio prende il nome di “agricoltura di precisione” e, insieme ad altri metodi di nuova generazione, ha un valore di mercato di quasi 450 milioni di euro.
La rivoluzione digitale riguarda, già da ora, anche la tracciabilità alimentare e il controllo della filiera produttiva. Sul panorama italiano, si fa largo la startup “Wenda”, piattaforma nata dal lavoro di squadra tra giovani innovatori ed esperti dei sistemi agro-industriali, che rende possibile il monitoraggio continuo della catena del freddo per un acquisto e un consumo degli alimenti senza rischi.
Wenda aiuta gli attori della distribuzione alimentare a gestire i dati della tracciabilità attraverso tecnologie di ultima generazione quali Big Data Analytics e Internet of Things, fornendo informazioni, statistiche e analisi che contribuiscono ad avere una Food Chain più sicura e trasparente [4].
Opportunità di innovazione nell’ambito dei novel food
L’anno di pubblicazione del primo regolamento che disciplina la categoria alimentare dei novel food, risale al 1997 e suddivide i “nuovi alimenti” in quattro categorie così definite:
- prodotti o ingredienti alimentari con una struttura molecolare primaria nuova o volutamente modificata;
- prodotti o ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microrganismi, funghi o alghe;
- prodotti o ingredienti alimentari costituiti da vegetali o isolati a partire da vegetali e ingredienti alimentari isolati a partire da animali;
- prodotti e ingredienti alimentari sottoposti ad un processo di produzione non generalmente utilizzato, che comporta nella composizione o nella struttura dei prodotti o degli ingredienti alimentari cambiamenti significativi del valore nutritivo, del loro metabolismo o del tenore di sostanze indesiderabili.
La proposta da parte della Food Innovation è quello di indirizzare la produzione alimentare su novel food con il minor impatto ambientale possibile ma allo stesso tempo caratterizzati da un elevato apporto nutrizionale, soprattutto dal punto di vista proteico.
Le tradizionali produzione zootecniche per l’ottenimento di alimenti proteici come carne e derivati del latte, risultano infatti essere tra le più impattanti dal punto di vista ambientale e di produzione di gas serra.
Anche in questo caso, le startup nate dalla proposta di alimenti alternativi sono innumerevoli ed ognuna di esse meriterebbe un approfondimento per l’innovatività dimostrata nella produzione di cibi che, pur mantenendo l’aspetto di quelli tradizionali, presentano una formulazione molto più sostenibile e un valore nutrizionale elevato. La rivoluzione alimentare riguarda soprattutto la riduzione del consumo di carne mediante l’impiego di ingredienti plant-based che, tuttavia, riescono a mantenere sapore, consistenza ed aspetto della carne. L’aspetto decisamente interessante di alimenti come i “plant-based burgher” è quello di essere concepiti non solo per i vegani ma anche per i consumatori a cui la carne piace.
La missione di realtà imprenditoriali come Beyond Meat e Impossible Food è, dunque, sensibilizzare all’acquisto e al consumo di prodotti alimentari più sostenibili, avvicinando alla causa anche chi è distante dalle tematiche ambientali [5]. Le tecnologie alimentari, non riguardano più solamente i tradizionali processi produttivi, ma si amplia verso produzioni innovative come quella dei meat analogues completamente a base di legumi o la produzione di farine da matrici alternative, e neanche troppo futuristiche, come gli insetti [6].
L’agroalimentare è uno dei settori fondamentali dell’economia italiana, per questo la food innovation è una grande opportunità per farsi strada in nuovi campi applicativi e nuovi mercati. L’Italia possiede tutti gli elementi per diventare uno dei Paesi leader in questo settore innovativo: credibilità, eccellenze di produzione e competenze professionali.
Quella del prossimo futuro è, dunque, un’importante chance economica di dirigere l’innovazione alimentare verso concetti che sono da sempre alla base del mercato agroalimentare italiano.
Tra questi pilastri vi è la protezione del made in Italy mediante filiere certificate e controllate per garantire prodotti 100% sicuri; la protezione delle coltivazioni tradizionali per preservare la biodiversità; l’impiego di metodi di coltivazione sostenibili; la formulazione di alimenti innovativi con elevato valore nutrizionale, sfruttando gli elementi della dieta mediterranea, uno stile alimentare in grado di garantire allo stesso tempo, uno stato di benessere per la salute e un futuro sostenibile.
- Food Wastage footprint: Impacts on natural resources – Summary report by FAO.
- Rapporto Assobiotech-ENEA: “Le imprese di biotecnologia in Italia” (2020)
- https://www.foodhubmagazine.com/magazine/ – “Viaggio nella Packaging Valley!”
- https://www.foodhubmagazine.com/magazine/ – “Sulle orme degli alimenti”
- https://www.foodhubmagazine.com/magazine/ – “Le alternative alle proteine animali!”
- https://www.foodhubmagazine.com/magazine/ – “Insetti a tavola: la rivoluzione è servita!”
Annalisa Porrelli
Dottoranda in Scienze del Suolo e degli Alimenti presso l'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, accanto alla ricerca nutre da alcuni anni un interesse per la scrittura e la divulgazione scientifica. Dal 2019 collabora con Food Hub per il miglioramento e la produzione di contenuti editoriali nell'ambito dell'innovazione agroalimentare.