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Alimenti “green”: le nuove tendenze dei consumatori
Al giorno d’oggi gli additivi utilizzati in maggioranza per la conservazione degli alimenti sono di origine sintetica. Negli ultimi anni, però, l’interesse dei consumatori è rivolto sempre di più verso l’uso di sostanze naturali, in quanto si sta prendendo sempre più coscienza delle ripercussioni negative che un’assunzione esagerata di sostanze chimiche può avere sulla salute umana e sull’ambiente.
La tendenza attuale, dunque, è quella di richiedere prodotti con una etichetta “pulita”, e che abbiano quindi un basso impatto ambientale.
Numerose sono le sostanze naturali che potrebbero essere applicate in campo alimentare, quelle con le maggiori proprietà antimicrobiche sono gli oli essenziali (OE). Queste sono sostanze estratte dalle piante, note fin dal passato per le loro proprietà benefiche, come quelle battericide, fungicide, antiossidanti, antivirali, antinfiammatorie, antitumorali, così come per le loro fragranze, largamente sfruttate in campo cosmetico [1].
Questi antimicrobici alternativi sono inoltre generalmente riconosciuti come sicuri (GRAS- generally recognized as safe) dalla FDA (Food and Drug Administration) [2].
La chimica degli oli essenziali
Gli oli essenziali sono miscele complesse, volatili, liposolubili e viscose, di composti a basso peso molecolare. Terpeni, terpenoidi, fenilpropanoidi, alcaloidi e composti fenolici sono i principali costituenti degli OE, a cui impartiscono il caratteristico intenso odore e le proprietà biologiche [3].
Questi sono metaboliti secondari delle piante, in quanto svolgono azioni importanti ma non fondamentali per la loro vita, come l’attrazione di insetti impollinatori e la riduzione dell’appetibilità per gli animali erbivori, grazie alla produzione di numerosi pigmenti e composti volatili [1]. La produzione di queste sostanze, quindi, rappresenta la risposta evolutiva all’adattamento delle piante alle diverse condizioni ambientali.
I composti bioattivi presenti in maggiore quantità negli OE determinano la loro azione antimicrobica, ma anche quelli presenti in concentrazioni minori sono importanti perché, lavorando in sinergia con gli altri, caratterizzano complessivamente l’olio [1]. Queste sostanze sono presenti in quantità variabili in numerosi siti della pianta, come foglie, fusto, radici, frutti, bucce di frutti, fiori, germogli e corteccia.
Molti fattori, tra cui la varietà della pianta, il suo stato di nutrizione, la parte anatomica impiegata, il momento della raccolta, l’eventuale applicazione di fertilizzanti, la posizione geografica, il clima, le variazioni stagionali, lo stress subìto durante la crescita o la maturazione, l’essiccazione post-raccolta e lo stoccaggio, influenzano la chimica degli oli essenziali, così come la resa della pianta in olio [4].
Varietà di oli essenziali e il metodo di estrazione
Nel mondo, sono prodotti più di 3000 oli essenziali diversi, di cui circa 300 sono importanti al punto di vista commerciale [5]. Tra gli oli essenziali maggiormente conosciuti ed utilizzati si possono trovare quelli di rosmarino, origano, timo, cannella, lavanda, basilico, chiodi di garofano, ginepro, eucalipto, zenzero, citronella, menta e salvia.
Il metodo più utilizzato per l’estrazione degli OE è l’idrodistillazione; questa tecnica prevede che il materiale vegetale sia tagliato in piccole parti e ricoperto d’acqua, poi portata ad ebollizione. Il vapore porta con sé gli oli nel condensatore, da cui poi vengono raccolti.
Il sottoprodotto costituito dalla miscela di acqua e olio che rimane dopo l’estrazione è chiamata idrolato. In realtà anche l’idrolato contiene alcune molecole bioattive, per cui può essere anch’esso sfruttato per le sue proprietà biologiche, oppure può essere inviato nuovamente nella caldaia per effettuare un nuovo ciclo. Il processo completo dura circa tre ore.
Gli OE possono essere ottenuti anche per distillazione in corrente di vapore, che è simile all’idrodistillazione ma a differenza di questa, acqua e materiale vegetale non so messi insieme nell’alambicco, ma il vapore attraversa la matrice determinando l’esplosione delle molecole aromatiche e il trasporto dell’olio nel condensatore.
Per l’ottenimento degli OE sono utilizzati quasi esclusivamente questi due metodi di estrazione, mentre le altre tecniche, che sono in genere basate su estrazione solido-liquido e si basano sui principi di diffusione e osmosi, riguardano tutti gli altri tipi di estratti che possono essere ottenuti dalle piante, diversi appunto dagli OE [7].
L’azione degli oli essenziali negli alimenti
Gli OE possono essere applicati agli alimenti con diversi metodi. Ad esempio, possono essere sprayzzati sull’alimento, e questa è una soluzione utilizzata quando si desidera un’azione in superficie. L’alimento può essere anche immerso (tecnica del “dipping”) in soluzioni contenenti l’OE. Ancora, si può effettuare un mescolamento dell’OE con la matrice, utilizzato soprattutto nel caso di alimenti fluidi, pastosi o macinati. L’ultima delle tecniche più comuni riguarda l’inserimento nell’olio in “coating” superficiali (es. film edibili) con cui si possono ricoprire i prodotti [8].
I meccanismi di azione degli oli essenziali negli alimenti
All’interno dell’alimento gli oli essenziali interagiscono con i diversi composti nutrivi e con i microrganismi alteranti e patogeni che possono essere presenti. L’esposizione agli oli essenziali è un evento molto stressante per le cellule batteriche; queste ultime, infatti allungano la loro fase lag per riparare i danni e restaurare le condizioni fisiologiche ottimali. Quando però la concentrazione di olio è troppo alta, la cellula non riesce a reagire e muore[9].
L’azione antimicrobica degli OE si esplica secondo diversi meccanismi. Il principale è la destabilizzazione della membrana citoplasmatica della cellula target, permeabile agli oli a causa della sua lipofilia; la rottura della membrana comporta la perdita di ioni e di materiale intracellulare, e quindi la morte [10]. I batteri Gram positivi sono generalmente più sensibili, in quanto sono privi della membrana esterna che circonda invece la parte cellulare dei Gram negativi; questa, infatti, è composta da polisaccaridi idrofili che limitano la diffusione dei composti lipofili [11].
Altri meccanismi d’azione degli oli essenziali contro i microrganismi sono l’interferenza nel funzionamento della pompa protonica, la denaturazione delle proteine citoplasmatiche e l’inattivazione degli enzimi cellulari [12].
Carboidrati, lipidi, proteine e altri componenti presenti nell’alimento, però, possono svolgere un’azione di protezione dei microrganismi dall’olio essenziale, per cui in alimenti particolarmente ricchi in nutrienti o con una struttura irregolare, la concentrazione di olio richiesta potrebbe essere maggiore rispetto a quella per alimenti meno elaborati [13].
Alcuni composti fenolici, come timolo e carvacrolo, risultano particolarmente potenti nel rendere permeabile la membrana citoplasmatica, e anche nel danneggiare la membrana esterna dei Gram negativi [14]. Origano e timo contengono elevate quantità di questi due composti fenolici, e proprio per questo da essi derivano due degli oli essenziali maggiormente promettenti come conservanti alimentari.
L’efficacia degli oli essenziali per la conservazione degli alimenti
In letteratura è presente una enorme quantità di studi che mostra l’efficacia di numerose specie di oli essenziali su diversi tipi di matrici alimentari. Ad esempio, l’azione antibatterica dell’olio di origano è stata dimostrata rispettivamente in carne di bovino, pomodori e lattuga [15] [16] [17]. L’efficacia antimicrobica dell’OE di timo è stata descritta rispettivamente in formaggio fresco, carne di maiale e filetti di trota [18] [19] [20].
Concentrazioni superiori a 0,50%, però, non sono utilizzabili negli alimenti, in quanto l’aspetto sensoriale potrebbe essere compromesso; gli oli essenziali, infatti, presentano aromi e odori molto intensi, che potrebbero non essere accettati dal consumatore. È necessario quindi applicare all’alimento la minima concentrazione efficace di olio non solo per motivi sensoriali, ma anche economici, in quanto i costi della materia prima e quelli di applicazione sono piuttosto elevati.
Se gli oli essenziali non sono sufficienti a conservare da soli l’alimento nelle concentrazioni permesse, la loro azione potrebbe essere rafforzata dalla combinazione con tecniche di conservazione tradizionali, come refrigerazione o confezionamento in atmosfera modificata o sottovuoto [21]. Un’altra tendenza attuale, inoltre, è quella di associare determinati OE a determinate matrici alimentari, in cui le note sensoriali dell’olio siano compatibili, e quindi desiderate, in quel tipo di substrato (es. olio essenziale di rosmarino in prodotti carnei).
Conclusioni
Lo sfruttamento degli oli essenziali come antimicrobici negli alimenti rappresenta una risorsa innovativa ed ecosostenibile, ma ulteriori studi devono essere effettuati soprattutto riguardo gli aspetti sensoriale ed economico, in vista di una loro applicazione a livello industriale.
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Chiara Purgatorio
Dottoranda in Scienze degli Alimenti presso l’Università degli Studi di Teramo, lavora nell’ambito della microbiologia alimentare. Appassionata di scienza e ambiente, il suo studio è volto alla ricerca di strategie antimicrobiche innovative per la conservazione degli alimenti, in alternativa ai metodi tradizionali.