Indice
Introduzione
Le continue piogge che hanno interessato principalmente il Nord Italia negli ultimi mesi segnano un‘anomalia nel regime pluviometrico più unica che rara. Nel mese di maggio le piogge sono state fino a quattro o cinque volte superiori rispetto alla media trentennale [1, 2]. Oltre a smottamenti e ad allagamenti, queste condizioni meteorologiche estreme stanno mettendo a dura prova il nostro sistema agricolo, con coltivazioni esposte a frequenze e quantità d‘acqua eccezionalmente abbondanti.
Ma cosa succede quando le nostre colture sono frequentemente bagnate? Cosa succede con il cambiamento climatico? Le variabili in gioco non si limitano solo alle piogge abbondanti; anche temperature in aumento e CO2 in atmosfera stanno alterando profondamente i modelli meteorologici e destabilizzando gli equilibri naturali [3,4].
Come si ammala una pianta?
Già nel 1960 Russel introdusse uno dei concetti fondamentali della patologia vegetale, che descrive come le malattie delle piante siano infatti, il risultato dell’interazione tra un patogeno virulento (come funghi, batteri e virus), una pianta ospite suscettibile, e un ambiente favorevole [5]. Questo viene tutt’oggi definito come il triangolo della malattia (Figura 1), che in ambito agricolo è influenzato da pratiche agronomiche, trattamenti fitosanitari, e antagonisti microbiologici [6]. Nel momento in cui, il cambiamento climatico rischiasse di modificare l’ambiente di questa delicata interazione, la virulenza e la coevoluzione di questi patogeni con le nostre colture risulterebbero di difficile previsione [7,8].
Ad oggi, la perdita di raccolto causata da patogeni vegetali e parassiti è stimata a 220 miliardi di dollari ogni anno, e il dato sarà destinato ad aumentare a fronte di una crisi climatica in evoluzione [9]. Basti pensare che, sebbene la richiesta alimentare sarà in continua ascesa, si prevede che nei prossimi cinquant’anni eventuali aumenti di resa, grazie all’implementazione di nuove tecnologie, saranno compensati dalle perdite di produzione causate da malattie sempre più aggressive ed emergenti [10]. Come l’essere umano, anche questi agenti biologici si stanno adattando al cambiamento, non solo migrando e proliferando in nuovi habitat, ma diventando più aggressivi negli areali d’origine. Autunni ed inverni sempre più miti estenderanno il periodo che gli agenti patogeni hanno a disposizione per riprodursi e diffondersi [11], aumentando così il loro potenziale evolutivo [12], grazie a cicli più veloci e, in molti casi, alla loro capacità di essere rapidamente dispersi con il vento.
Dal 2015 al 2023, il servizio ProMED-mail, uno tra i programmi più riconosciuti al mondo per il monitoraggio e la segnalazione delle malattie emergenti, ha registrato circa 150 prime segnalazioni di nuovi arrivi di malattie vegetali, principalmente virus (37%), batteri (32%) e funghi (25%) [13].
Cambiamento climatico: piante sempre più deboli
L’influenza dei fattori ambientali sulle interazioni pianta-patogeno si estende ben oltre l’instaurazione di condizioni favorevoli per il parassita. Gli esiti dell’infezione dipendono anche da quanto risulta vulnerabile la nostra coltura, ovvero quanto risulta forte il suo sistema immunitario. Le piante reagiscono ai cambiamenti ambientali regolando diverse vie metaboliche, l’assorbimento di diversi elementi nutritivi, ma anche la loro morfologia. Qualsiasi cambiamento, volto ad un adattamento, anche seppur minimo, potrebbe avvantaggiare l’infezione del patogeno [14].
Ma la risposta di adattamento e immunitaria di una pianta non dipende solamente dalle sue singole capacità di sopravvivenza. Come noi esseri umani dipendiamo da milioni e milioni di altri microorganismi benefici, anche le piante sono esseri in stretta simbiosi con diverse comunità microbiche presenti principalmente nel suolo. Si prevede che stress termici e idrici, avranno importanti conseguenze sull’attività di queste utili comunità [15, 16]. Le nostre colture perderanno quindi, un aiuto importante per il mantenimento della loro salute e del loro benessere.
Cambiamento climatico: insetti in evoluzione
Come per le malattie, anche gli insetti sono influenzati dal cambiamento climatico. Essendo animali “a sangue freddo”, la loro temperatura corporea dipende dall’ambiente, che ne influenza comportamento, distribuzione, sviluppo e riproduzione. Inverni meno rigidi ed estati sempre più calde permettono agli insetti dannosi di sopravvivere più facilmente, portando a una maggiore popolazione svernante, come nel caso di afidi, ditteri e coleotteri, e accelerare poi il loro ciclo riproduttivo [17, 18].
Tuttavia, non tutte le specie riusciranno a adattarsi all’aumento delle temperature. Alcuni insetti prospereranno, mentre altri faranno fatica a riprodursi e ad alimentarsi. Si potrà verificare quindi la riduzione della popolazione nell’areale d’origine, o il suo spostamento verso latitudini più alte, dove l’insetto, se in presenza della pianta ospite, riuscirà così a perpetuare la specie. Un dato interessante è stato riportato già nel 2013 da Bebber et al., che dimostrò come su scala globale, i parassiti si spostano verso i poli con una media di 5 km/anno [20]. Tuttavia, il dato potrebbe essere ancora più preoccupante ora, a undici anni di distanza, con un clima che varia imprevedibilmente di anno in anno.
L’impatto del cambiamento climatico sulle colture: effetti e soluzioni
A causa della repentina evoluzione di malattie ed insetti sulle nostre colture, l’utilizzo di insetticidi e fungicidi potrebbe essere esacerbato. Cicli anticipati in primavera, prolungati in autunno, e popolazioni sempre più aggressive, potrebbero comportare infatti l’allungamento della finestra di trattamento, e un aumento delle molecole di sintesi presenti nella catena alimentare e nell’ambiente. Un maggior numero di trattamenti o dosi più elevate, aumenterebbe non solo i costi per gli agricoltori, ma anche la probabilità di sviluppo di resistenza dei patogeni, e quindi l’eventuale inefficacia degli stessi nel tempo [21]. Anche le alte temperature, e le forti piogge potrebbero influenzare l’efficacia dei prodotti, che rischiano di essere degradati molto più velocemente, persistendo meno in pianta [14].
Negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo e commercializzazione di diversi metodi di controllo più sostenibili e alternativi alle molecole di sintesi, come prodotti di origine vegetale e agenti di biocontrollo. Ma come per l’utilizzo e l’efficacia dei prodotti chimici di sintesi, il cambiamento climatico inficerà anche sulle potenziali alternative, che studiate e testate negli ultimi decenni, potrebbero riscontrare difficoltà importanti di applicazione in campo. In particolare, gli agenti di biocontrollo, essendo organismi viventi, potrebbero essere fortemente influenzati dall’ambiente circostante, fattore chiave per la loro sopravvivenza e quindi efficacia [24].
Conclusioni
Il cambiamento climatico sta accelerando l’evoluzione di malattie e insetti, mettendo a rischio il benessere delle nostre colture. Affrontare questa emergenza richiede investimenti significativi in ricerca genetica e tecnologie agricole avanzate che potenzino la resistenza delle nostre colture. È quindi, imperativo acquisire una conoscenza più approfondita riguardo gli impatti del cambiamento climatico sull’epidemiologia dei patogeni, e la loro interazione con le nostre colture e comunità microbiche associate, al fine di sviluppare ecosistemi agricoli più resilienti. Solo così potremo garantire una produzione alimentare sostenibile e sicura per le generazioni future, preservando al contempo la biodiversità agricola e gli ecosistemi naturali.
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Anna Aldrighetti
Anna Aldrighetti è al secondo anno di dottorato in Scienze Agroalimentari e Ambientali presso l'Università di Trento, in collaborazione con la società Cooperativa Sant'Orsola. Specialista nella difesa delle piante si sta dedicando allo studio e alla ricerca di metodi sostenibili per la gestione delle malattie dei piccoli frutti.