Ecologia ed Agroecologia una storia comune
L’uomo appartiene al mondo della natura e quindi ad essa è interconnesso. In seguito allo sviluppo tecnologico e al continuo aumento della popolazione umana, gli interventi dell’uomo sulla natura sono stati sempre più massicci e in molti casi distruttivi.
Quotidianamente, attraverso i media, sentiamo parlare di ecosistemi che perdono la capacità di rigenerarsi, e che questo tipo di società sta provocando gravi danni alla natura attraverso la distruzione diretta o indiretta di molte specie animali e vegetali (diminuzione della biodiversità).
Scienziati di tutto il mondo ci avvertono che la distruzione diretta dell’ambiente in seguito ai disboscamenti incontrollati, alla progressiva cementificazione del pianeta Terra, all’aumento della popolazione umana, all’inquinamento provocato dai rifiuti prodotti e dall’immissione di sostanze tossiche derivanti non solo dalle attività industriali ma anche da quelle agricole, ci porterà al collasso totale.
Queste notizie poco confortanti, hanno fatto si che molti cittadini si siano resi conto che gli equilibri della vita sono molto delicati e complessi e che i danni che l’uomo provoca sono spesso irreparabili (non si potrà mai più ritornare alla situazione precedente).
Modificazioni anche minime delle condizioni ambientali (luce, umidità, temperatura ecc.) possono provocare conseguenze gravissime sugli organismi viventi. Le alghe che vivono nei mari producono la maggior parte dell’ossigeno che si trova nell’aria e che ci permette di respirare. La distruzione dei boschi, ad esempio, non solo provoca la scomparsa di tutti gli animali che vivevano in quel bosco, ma sarà causa di frane (il terreno non più trattenuto dalle radici degli alberi frana facilmente) e alluvioni (la pioggia non più assorbita dal terreno fa ingrossare di colpo fiumi e torrenti), il terreno, non più protetto dalla vegetazione, pian piano si impoverirà fino a diventare sterile.
Con i cambiamenti climatici si prevedono impatti diversi, gravi e specifici sulla produzione agricola. L’aumento della CO2 e dei gas “serra” associati potrebbe portare ad un aumento di 1,4-5,8 °C delle temperature superficiali globali, con conseguenze sulla frequenza e la quantità delle precipitazioni [1]. La temperatura e la disponibilità di acqua rimangono fattori chiave nel determinare la crescita delle colture e la produttività; i cambiamenti previsti in questi fattori determineranno una riduzione delle rese delle colture. I cambiamenti indotti dal clima nelle dinamiche e nell’invasività delle popolazioni di insetti, agenti patogeni e infestanti potrebbero aggravare tali effetti.
Gli agroecosistemi: sitemi complessi in equilibrio dinamico e resiliente
L’agricoltura è l’attività a cui è anche affidata la protezione dell’ambiente, infatti l’agroecologia non è altro che lo studio degli agroecosistemi e come essi interagiscono con gli ecosistemi naturali. Proprio per questa sua peculiarità l’agricoltura sostenibile viene definita multifunzionale [Fig. 1].
L’agroecosistema è un ecosistema dominato dall’uomo e se non adeguatamente interconnesso con l’ecosistema naturale, può causare elevati costi economici per la collettività. Ad esempio, i fertilizzanti chimici e i rifiuti zootecnici se non trattati adeguatamente contribuiscono massicciamente ai fenomeni di eutrofizzazione delle acque, con gravi danni per la pesca e il turismo [Fig. 2].
L’agricoltura infatti, come l’industria, e diventata una grande consumatrice di energia non rinnovabile (soprattutto petrolio) sotto forma di benzine per le macchine agricole e per i trasporti e sotto forma di fertilizzanti e pesticidi (sono anch’essi derivati dal petrolio).
Toccò ai movimenti green tra i quali i più famosi The Nature Conservancy (1951, Contea di Arlington, Virginia USA), WWF (1961, Morges, Svizzera) e GreenPeace (1971, Vancouver, Canada) far emergere la disinformazione su questi temi portandoli all’attenzione di tutta l’opinione pubblica, imponendo che su di essi si aprisse un dibattito serrato. Negli ultimi 50 anni la consapevolezza della tossicità di determinati prodotti è riuscita in gran parte ad imporre all’industria alimentare ad esempio la messa al bando dei coloranti sintetici. La cosa si realizzò senza traumi o contraccolpi economici per l’industria e a beneficio dei consumatori.
Come detto precedentemente, essendo l’agricoltura l’attività umana più a stretto contatto con l’ecosistema, diventa essenziale lo studio di tecniche e cambiamenti colturali che non modifichino radicalmente la natura degli agroecosistemi e che possano moderare temporaneamente gli impatti negativi, oltre ad incentivare la resilienza dell’ecosistema. I maggiori benefici risulteranno probabilmente da misure agroecologiche più radicali che rafforzeranno la resilienza degli agricoltori e delle comunità rurali, come la diversificazione degli agroecosistemi sotto forma di policolture, sistemi agroforestali e sistemi misti coltivazione-allevamento accompagnati da una gestione organica del suolo, conservazione e raccolta dell’acqua e miglioramento generale dell’agrobiodiversità [2].
Da qui abbiamo introdotto il concetto di resilienza in agroecologia ovvero un concetto trasversale in molte discipline tra le quali le scienze fisiche, naturali, sociali, e non da meno ecologiche, una parola che si è resa capace di far dialogare saperi scientifici, economici, sociali e politici. Per quanto riguarda l’agroecosistema esso si comporta come tutti i sistemi complessi, quindi anch’esso è soggetto alla resilienza ecosistemica che si fonda sui concetti di persistenza, cambiamento, adattabilità e variabilità, ovvero la capacità di reagire ad elementi di disturbo, attivando strategie di feedback e di adattamento al fine di ripristinare i meccanismi di funzionamento o lo stato di equilibrio dinamico [3] [Fig. 3]
L’accelerazione delle dinamiche di squilibrio agroambientale a cui i sistemi agricoli sono stati esposti, ha portato gli studiosi alla ricerca di modelli di sviluppo resilienti alternativi di sviluppo. I sistemi agricoli tradizionali sono depositari di una ricchezza di principi e misure che possono aiutare i moderni sistemi agricoli a diventare più resistenti alle condizioni climatiche estreme.
Molte di queste strategie agroecologiche che riducono le vulnerabilità alla variabilità climatica includono la diversificazione delle colture, il mantenimento della diversità genetica locale, l’integrazione animale, la gestione organica del suolo, la conservazione dell’acqua e la raccolta, ecc.
Comprendere le caratteristiche agroecologiche che sono alla base della resilienza degli agroecosistemi tradizionali è una questione urgente, in quanto possono servire come base per la progettazione di sistemi agricoli adattati.
[1] Hawken, P., Lovins, A. B., Lovins, L. H., & Bologna, G. (2001). Capitalismo naturale: la prossima rivoluzione industriale. Edizioni Ambiente.
[2] Altieri, M. A. (2009). Agroecology, small farms, and food sovereignty. Monthly review, 61(3), 102-113.
[3] Peterson, G., Allen, C. R., & Holling, C. S. (1998). Ecological resilience, biodiversity, and scale. Ecosystems, 1(1), 6-18.
Sara Sozzo
PhD in Agraria e più precisamente sui servizi ecosistemici, da 12 anni Docente Scienze a tempo indeterminato. Frequenta come ricercatore l'Università di Torino, esperto per un Progetto Europeo scolastico, esperto e revisore esterno per le piattaforme internazionali EKLIPSE ed IPBES. Nel 2016 è stata visiting scientist presso il JRC di ISPRA. Attualmente è impegnata in una ricerca internazionale riguardante la resilienza nei servizi ecosistemici.